È il lavoro di Marco Montali ma è anche il motivo per cui lui e il suo team sono stati recentemente premiati alla conferenza IEEE EDOC 2018 di Stoccolma, una delle più prestigiose al mondo nel campo dell’enterprise computing.

L’enterprise computing è quel settore dell’informatica che studia i sistemi informativi nei contesti di grandi organizzazioni aziendali. È grazie ai ricercatori come Montali, che servizi anche molto complicati, come possono essere quelli legati al traffico aereo di un aeroporto oppure impianti di produzione di grosse imprese manifatturiere, non si bloccano perché, nella catena di trasmissione delle informazioni, qualche anello è andato perso.

“Le aziende sono organizzazioni formate da tanti reparti, che utilizzano sistemi informatici anche molto diversi tra di loro. Questi sistemi possono entrare in conflitto e quando questo avviene i costi e i rischi, per le aziende, possono essere molto alti”, spiega Montali. Quello che lui e i suoi collaboratori fanno, in pratica, è disegnare processi che consentano a questi sistemi di parlare la stessa lingua, che operino da mediatori.

Formalizing Application Integration Patterns, l’articolo presentato alla conferenza in Svezia – e che il docente ha scritto assieme allo studente di dottorato Andrey Rivkin, a Daniel Ritter e Stefanie Rinderle-Ma dell’Università di Vienna e ad Aman Sinha, ex-studente unibz ora in forza ad Amazon – è stato premiato perché gli autori sono riusciti prima a catalogare e poi hanno formalizzato, anche graficamente, una serie di “pattern di integrazione”. Questi ultimi sono soluzioni ricorrenti utilizzate dai progettisti informatici per garantire l’integrazione dei sistemi informativi e degli applicativi nelle organizzazioni complesse.

“Nelle aziende più strutturate e che puntano sull’informatizzazione di processi e procedure, e in cui vengono utilizzati sistemi software eterogenei, esistono i cosiddetti “enterprise architects”, informatici di alto livello che fanno dialogare tra loro i sistemi. Nel progettare queste soluzioni di integrazione, si trovano spesso a configurare ed applicare dei “pattern”, ovvero delle soluzioni standard da adottare nelle differenti situazioni critiche che si possono verificare”. In pratica, questi superesperti hanno creato linee-guida che li aiutano a tenere sotto controllo i processi e a intervenire nei casi di bisogno.

Marco Montali e Andrey Rivkin, orgogliosi per il Best Paper Award ricevuto a Stoccolma

Il problema principale affrontato dal team di Montali è stato quello di stabilire una sorta di priorità dei pattern, ovvero di definire i più interessanti ed efficaci e calarli nel contesto delle organizzazioni. Della catalogazione si sono occupati i ricercatori dell’Università di Vienna. A renderli fruibili ci hanno invece pensato i ricercatori del team di Montali. Non esiste attualmente un linguaggio universalmente accettato per rappresentare i pattern. Quello migliore è stato sviluppato alla Facoltà di Scienze e Tecnologie informatiche di Bolzano. Si tratta di un linguaggio grafico ma, allo stesso tempo, formale.

La rappresentazione grafica di un pattern – che può essere avvicinata, grosso modo, agli schemi disegnati dagli ingegneri edili quando progettano un edificio – ha un significato matematico: sottostanti ad ogni passo e istruzione rappresentata, vi sono delle formule matematiche che indicano esattamente, in maniera rigorosa, quali sono i flussi dei dati, e come i dati vengono trasformati per permettere ai sistemi di comunicare fra loro.

Seppur molto astratto, il procedimento ha ricadute pratiche molto consistenti. Permette infatti un notevole risparmio da parte delle aziende, i cui architetti dell’informazione sono messi nelle condizioni vantaggiose di, in qualche modo, predire il futuro, ovvero individuare all’orizzonte problemi prima che si manifestino con effetti negativi sull’attività produttiva. “La formalizzazione permette ai progettisti di effettuare una serie di analisi di correttezza sul buon funzionamento del sistema e di accorgersi quindi di possibili malfunzionamenti prima della messa in opera vera e propria”, conclude Montali.

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