Vittime o campioni? Semplicemente giovani adulti
Ci sono quelli ambiziosi e quelli meno motivati, quelli più brillanti della media e quelli meno dotati. Le origini della famiglia sono un condizionamento da non trascurare, ma gli italiani di seconda generazione che si affacciano al mondo del lavoro sono proprio ragazzi come gli altri. Finché non ce lo mettiamo in testa, non facciamo un buon servizio a nessuno. Academia incontra Sharoom Cristhell Torres Carbajal, presidente della associazione “La Nuova Generazione dell’Alto Adige – Brücke in die Welt”.
Quando è ora di scegliere il proprio futuro nel mondo del lavoro, avere una famiglia che arriva da un paese che non è quello dove siete nati o cresciuti dà dei vantaggi?
Sharoom Cristhell Torres Carbajal: Sì, le tante lingue che parliamo, la familiarità con culture diverse, l’allenamento a mediare tra mondi diversi.
E svantaggi?
Torres Carbajal: Le stesse cose, se non sappiamo valorizzarle e ci confrontiamo continuamente con gli altri. Allora la pressione diventa troppo forte.
Da voi ci si aspetta di più che dai vostri coetanei “locali”?
Torres Carbajal: Anche se a fin di bene, i nostri genitori rompono di più le scatole: hanno fatto enormi sacrifici e hanno lasciato il loro paese per inseguire l’eldorado. Ora si aspettano che realizziamo qui i loro
sogni. Anche gli insegnanti chiedono, chiedono, chiedono. Lo fanno per interesse vero, come per riscattarci, ma se uno mostra una fragilità…
Cosa succede?
Torres Carbajal: È un fallimento.
Un fallimento percepito come peggiore di quello degli altri?
Torres Carbajal: Sì, per i nonni che telefonano da lontano hai sprecato una opportunità che chi è rimasto laggiù non può avere. Per gli insegnanti non sai stare al passo perché magari sei depresso, non ti sei integrato. In una situazione così, se uno ha meno carattere si arrende con facilità. Smette di cercare la sua strada e l’unica prospettiva diventa un lavoro più tecnico, più pratico, più umile. Ma magari all’origine c’era solo un problema piccolo, magari neanche legato al background migratorio, una cosa superabile.
I nostri genitori si aspettano che realizziamo in Italia i loro sogni.
Come se ne esce?
Torres Carbajal: Una mia amica bolzanina dice bene: “se uno mi guarda storto o non mi saluta, mica per forza deve avercela con me perché i miei genitori sono cinesi. Forse avrà i suoi problemi”. Dobbiamo imparare a gestire le nostre emozioni, capire le nostre qualità e trovarci la nostra strada. Non è facile, ci sono degli ostacoli, ma le origini della nostra famiglia non possono essere una scusa, né per gli altri per giudicarci né per noi per sentirci vittime.
L’associazione
Ammorbidenti sociali: così si percepiscono i ragazzi di “La Nuova Generazione dell’Alto Adige – Brücke in die Welt”, associazione apartitica, laica e senza scopo di lucro fondata nel 2014 che raccoglie altoatesini under 30 di seconda generazione e “amici aperti a nuove culture”. Allenati come sono a mediare tra la cultura d’origine dei genitori e quella del loro mondo, questi giovani sono pronti ad agire come ponte culturale anche tra le comunità locali ladina, tedesca e italiana.
La ricerca
“Quando mi dicon’: Va’ a casa / rispondo: sono già qua! / io T.V.B. cara Italia / Sei la mia dolce metà”, canta il milanese Ghali in uno dei suoi singoli di maggior successo. Ghali e altri giovani rapper di seconda generazione il lavoro se lo sono creato proprio raccontando in musica le loro esperienze di nuovi italiani. Ma per chi vuol fare un lavoro più tradizionale, come il bancario, il farmacista o l’elettricista, il background migratorio della famiglia gioca un ruolo più ambiguo. Lo dimostra per l’Alto Adige lo studio di Johanna Mitterhofer e Martha Jiménez-Rosano, ricercatrici di Eurac Research che hanno intervistato sia altoatesini di seconda generazione, sia rappresentanti di associazioni e della pubblica amministrazione.
Da una parte c’è la consapevolezza delle caratteristiche che sono utili per i datori di lavoro: per esempio Sami, studente universitario in economia, punta sulla sua conoscenza della lingua e del mondo arabo per proporsi come manager e seguire progetti con il Medio Oriente. Dall’altra parte ci sono difficoltà oggettive: genitori che conoscono poco il sistema scolastico italiano e hanno reti sociali troppo deboli per inserirli in un buon apprendistato estivo, fino a vere e proprie discriminazioni, per esempio ai danni di ragazze che portano il velo. “È essenziale che politici, amministratori e operatori del mondo scolastico adottino una serie di misure per combattere la discriminazione, diffondere più informazioni e favorire le pari opportunità”, insiste Johanna Mitterhofer. “Per esempio dovremmo istituire il centro di tutela contro le discriminazioni previsto dalla legge provinciale, organizzare programmi di tutoraggio e tirocini specifici e lanciare campagne di informazione per i datori di lavoro”. Negli ultimi dieci anni i giovani nati in Italia da genitori stranieri o arrivati nel nostro paese da bambini sono in costante aumento. Dal 1995 al 2017 i bambini con cittadinanza straniera iscritti alle scuole primarie altoatesine sono passati dall’uno al 14 per cento. Le statistiche mostrano cifre analoghe anche per le scuole secondarie. I risultati dello studio “Dalla scuola al mondo del lavoro: percorsi di transizione di giovani con background migratorio” sono disponibili in una pubblicazione scaricabile dal sito di Eurac Research.
Le testimonianze
Sharoom, Asmaa e Sami raccontano alla telecamera le loro storie: https://youtu.be/og6p2i9d2Nc
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